HFO: una scelta sostenibile sia a livello economico che ambientale

HFO: una scelta sostenibile sia a livello economico che ambientale
Nelle applicazioni del freddo – refrigerazione e condizionamento - il fluido refrigerante ideale dovrebbe avere determinate caratteristiche:
  • garantire un’elevata efficienza energetica
  • consentire bassi costi di installazione e manutenzione
  • garantire un impatto ambientale quanto più ridotto possibile 
  • non essere tossico
  • non essere infiammabile
 
Purtroppo, nessuno dei fluidi refrigeranti è mai stato in grado di garantire una perfetta rispondenza a tutti questi requisiti; sicuramente alcuni prodotti, quali a esempio l’HCFC R22, in contesti diversi, nei quali la consapevolezza ambientale era sicuramente a livelli diversi da quelli odierni, sembravano rappresentare una soluzione “trasversale” e idonea a garantire una risposta efficace a molti dei requisiti richiesti dall’industria del freddo, sia nel settore refrigerazione che in quello del condizionamento.
 
Oggi, presa piena coscienza degli effetti indotti prima dall’utilizzo di prodotti ozonolesivi quali i CFC e gli HCFC (riduzione dell’ozono stratosferico) e poi di prodotti a elevato GWP (potenziale di riscaldamento globale, effetto serra) quali alcuni HFC, ad esempio l’R404A, la scelta deve obbligatoriamente ricadere su altre categorie di fluidi refrigeranti.
 
È però importante prendere atto che nessuna delle scelte attualmente disponibili è in grado di garantire un utilizzo trasversale, ovvero su diverse tipologie di applicazione (refrigerazione TN e BT, condizionamento), pari ad esempio a quello garantito dal vecchio R22, né rispondono a tutti i requisiti  sopraelencati.
 
La tabella fornisce una sintetica panoramica delle diverse opzioni e della rispondenza di ognuna delle soluzioni ai requisiti di sicurezza, atossicità, efficienza, sostenibilità ambientale. Ad esempio, gli HFC rispondono a quattro dei cinque requisiti (tossicità, non infiammabilità, efficienza, basso costo) ma, come ben noto, sono stati posti sotto attenzione a causa del loro impatto sull’effetto serra; ne consegue che nell’immediato futuro, ovvero in un differente contesto indotto dalla progressiva implementazione del regolamento europeo F-Gas n° 517/2014, dovremo giocoforza accettare alcuni compromessi.
 
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La scelta della tecnologia e del fluido refrigerante andrà quindi ben ponderata in funzione del settore di mercato, della tipologia di applicazione, del variato contesto normativo, del costo di installazione ed esercizio nel tempo e, non ultimo, dell’evoluzione futura in termini di disponibilità prodotti; dobbiamo infatti considerare che alcuni gas che oggi sono disponibili a basso prezzo potranno aumentare considerevolmente di prezzo e/o essere soggetti ad allocazione, a causa del meccanismo delle quote in Ton CO2 equivalente imposto dal regolamento F-Gas.
 
Efficienza Energetica:
è importante considerare sia le emissioni dirette che indirette La tematica dell’efficienza energetica impatta, come facilmente immaginabile, sui costi di esercizio del sistema ma ha anche una ricaduta non trascurabile sulla sostenibilità ambientale; infatti, una ridotta efficienza energetica provoca, a parità di frigorie generate, un maggiore assorbimento di energia elettrica, che si traduce in maggiori emissioni indirette di gas effetto serra nell’ambiente.  Gli idrocarburi, quali il propano (R290) e il propilene (R1270) garantiscono buona efficienza energetica unita a un costo per kg relativamente basso; la loro elevata infiammabilità (classe A3) richiede però un’installazione particolarmente complicata e solleva giuste preoccupazioni dal punto di vista della sicurezza sia in uso che in manutenzione.
 
​Un altro refrigerante definito come “naturale”, come la CO2 (R744) appare come la soluzione ottimale, grazie al suo ridotto impatto ambientale (no ODP, GWP = 1); ma l’impiantistica necessaria risulta estremamente costosa, a causa delle elevate pressioni in gioco, se la compariamo a quella normalmente in uso con gli HFC; ovviamente la CO2 è poi un’opzione percorribile soltanto sui nuovi impianti, risultando impossibile un retrofit sui sistemi esistenti, proprio a causa delle diverse pressioni di esercizio.
 
L’efficienza energetica di sistemi a CO2 è anche fortemente in dubbio, in quanto essa è funzione diretta delle condizioni climatiche del sito nel quale l’impianto a CO2 è installato; nei climi caldi, quali l’Italia, l’efficienza energetica garantita dalla CO2 è sicuramente poco attraente, se la confrontiamo con altre opzioni disponibili.
 
L’ammoniaca (NH3) è anch’essa un fluido refrigerante “naturale” che garantisce elevata efficienza energetica ma, d’altro canto, risulta estremamente tossica e infiammabile. Le installazioni e la manutenzione di impianti ad ammoniaca richiedono personale appositamente patentato e certificato per operare su questo prodotto, l’approvvigionamento è soggetto a forti limitazioni normative e 
l’installazione deve essere giocoforza effettuata in centrali esterne.
 
Molto spesso, impianti con doppio stadio e fluido di scambio risultano necessari per rendere questo refrigerante un’alternativa pratica e sostenibile; in ogni modo la disponibilità di efficienti fluidi di scambio termico, quali glicole propilenico/etilenico e Temper è, come noto, ben ampia, rendendo l’opzione ad ammoniaca praticabile. 
 
 
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HFO (idrofluorolefine): la 4.a generazione di fluidi refrigeranti ​Oramai è un dato di fatto, gli HFO stanno iniziando ad affermarsi come una soluzione relativamente economica, facilmente implementabile e con i giusti requisiti a livello di impatto ambientale, contribuendo al riscaldamento globale in una misura estremamente ridotta, quasi nulla se confrontata ai “vecchi” HFC, quali ad esempio l’R404A.
 
Gli HFO, utilizzati come molecola pura, presentano, nel caso dell’R1234yf e R1234ze, un certo livello di infiammabilità, definito blando (classe A2L) e comunque non lontanamente paragonabile a quello – elevato – di idrocarburi quali propano, isobutano e propilene. L'ultima molecola presentata da Honeywell - R1234zd è invece classificata A1, ovvero non infiammabile. In specifico, nel caso dell'HFO1234ze, il prodotto nelle schede sicurezza è definito come non infiammabile a temperatura ambiente; ciò ovviamente si applica per quanto attiene lo stoccaggio, il trasporto e la manipolazione dei recipienti contenenti R1234ze.
 
Quando invece il prodotto è utilizzato come fluido refrigerante viene utilizzata come temperatura di riferimento per la classificazione un valore di 60 °C, e a questa temperatura l'R1234ze viene classificato come blandamente infiammabile di classe A2L (la stessa classe di assegnazione dell R1234yf).
A livello di procedure operative dovremo attendere e valutare la prossima revisione degli standard europei EN378 che, auspicabilmente, fornirà chiare indicazioni in merito a come gestire i fluidi refrigeranti definiti come “blandamente infiammabili” e classificati come A2L; una volta completato  questo iter sarà finalmente chiaro, a livello ingegneristico, come utilizzare e in quali tipologie di ambiente i refrigeranti blandamente infiammabili (HFO puri) potranno essere utilizzati senza effettuare analisi di rischio secondo ATEX.
 
Le tre molecole HFO attualmente disponibili sul mercato sono R1234yf, R1234ze e R1234zd; come oramai noto, l’R1234yf è già utilizzato negli impianti di aria condizionata di oltre 8 milioni di veicoli come sostituto dell’R134a (GWP 150 volte inferiore); inoltre, dal 1° gennaio 2017, tutti i veicoli dovranno utilizzare questo gas come primo equipaggiamento.
 
Prima di decretarne l’adozione a livello mondiale, l’industria automobilistica ha svolto un eccellente lavoro di ricerca e test sull’R1234yf, con la finalità di comprendere questa nuova tipologia di gas refrigerante blandamente infiammabile e quindi mitigarne i rischi nell’utilizzo quotidiano.
 
Ovviamente, l’industria della refrigerazione e del condizionamento residenziale potrà beneficiare di questo approfondito lavoro di ricerca, che si è svolto in circa un decennio prima che il via libera definitivo al nuovo gas fosse concesso.
 
L’HFO1234yf offre capacità volumetrica e livelli di pressione assolutamente comparabili a quelli dell'R134a; questo gas è stato recentemente adottato da Climaveneta e presentato a MCE2016 per la sua nuova gamma di chiller a vite Integra i-FX- Q2, con potenze variabili da 200 a 1.100 kW.
 
L’R1234ze non rappresenta una soluzione drop-in per i sistemi sistemi esistenti, causa l’inferiore capacità volumetrica (inferiore del 20-25%), ma rappresenta un’eccellente opzione per i nuovi sistemi, in virtù delle sue ottime prestazioni in termini di efficienza energetica (minori assorbimenti di EE). L’R1234ze è stato adottato da Carrier, dopo una selezione effettuata su 320 diversi refrigeranti, come il miglior candidato a lungo termine per la sua nuova gamma di chiller a vite e pompe di calore AquaForce® con PUREtec™.
 
L’R1234zd, la molecola di più recente sviluppo, con un valore di GWP < 1 e, caratteristica estremamente importante, non infiammabile (classe A1), è già stata utilizzata con successo nel settore della propellenza (aerosol) e adottato da primari costruttori di chiller, quali Trane per la sua serie E CenTraVac®.
 
​Utilizzi in media e bassa temperatura: il punto di ebollizione Il relativamente elevato punto di ebollizione degli HFO puri, se non costituisce un problema per utilizzi in TN, rappresenta invece un limite per gli utilizzi in MT e BT; questi nuovi gas HFO semplicemente non bollono a temperature sufficientemente basse per consentirne l’utilizzo, come molecola pura, nella bassa temperatura (es. surgelazione).
 
Pertanto, se desideriamo identificare un sostituto a ridotto GWP del “vecchio” R404A dobbiamo accettare il fatto che nessuna molecola HFO pura rappresenti un degno candidato; ne consegue che gli HFO devono essere giocoforza miscelati con altre molecole per abbassarne il punto di ebollizione ai valori desiderati.
 
Seguendo questo presupposto, numerose miscele a base di HFO sono già state presentate sul mercato e testate con ottimi risultati in decine di applicazioni nella refrigerazione commerciale, sicuramente il segmento di mercato più sensibile alla riduzione dell’impatto sull’effetto serra.
 
La miscela Solstice® N40 (R448A) di Honeywell, e la sua omologa Opteon® XP40 (R449A) di Chemours (ex DuPont) sono già state utilizzate con successo come sostituti dell’R404A in svariate applicazioni di refrigerazione commerciale, garantendo un dimezzamento del GWP e un’equivalente, se non migliorata, efficienza energetica dell’impianto; queste miscele sono inoltre già state ufficialmente approvate dai primari costruttori di compressori.
Le miscele Solstice® N13 (R450A) di Honeywell e Opteon® XP10 (R513A) di Chemours, entrambe con valori di GWP sensibilmente ridotti, sono state adottate come sostituto dell’R134a nei chiller a media/alta pressione e come fluido refrigeranti di 1° stadio negli impianti a espansione diretta MT in cascata (con secondo stadio a CO 2 ).
 
Altri nuovi prodotti sono in fase molto prossima alla commercializzazione; nel condizionamento residenziale sono disponibili miscele quali Solstice® L41 (R447A) di Honeywell, con un GWP = 572 e classe A2L, come alternativa all’R410A nei sistemi A/C monosplit, dual e trial.
 
Nella refrigerazione commerciale un prodotto risulta particolarmente interessante; la miscela Solstice® L40X (R455A) di Honeywell è un sostituto a ridottissimo GWP dell’R404A, che presenta la stessa capacità del R404A e un’efficienza energetica equivalente, se non migliorata. Questa miscela ibrida, che contiene HFO, R32 e CO2 ed è classificata come A2L, ha un GWP = 146, tale da renderne possibile l’utilizzo sui sistemi “plug-in” (es. banchi frigo ermetici). Solstice® L40X, la cui data di commercializzazione è prevista a partire dalla fine del 2016, è sicuramente un refrigerante da tenere sott’occhio nell’immediato futuro!
 
​Conclusioni E’ giusto precisare che – tutti - abbiamo ancora molto da imparare sugli HFO e loro miscele; ciò premesso dobbiamo anche considerare che altre alternative oggi disponibili, ad esempio i refrigeranti definiti come “naturali”, possono risultare estremamente difficili da utilizzare, non consentono sicuramente un retrofit degli impianti esistenti oggi caricati con HFC, e comunque presentano rischi connessi all’elevata infiammabilità, all’elevata pressione, alla tossicità piuttosto che offrire valori di efficienza energetica ridotti, che quindi possono inficiare, causa l’aumentato assorbimento energetico, i vantaggi derivanti da un GWP del gas ridotto (il già citato rapporto tra emissioni dirette ed emissioni indirette).
 
Fatte queste dovute considerazioni riteniamo che, in un variato contesto indotto dalla progressiva implementazione del nuovo regolamento F-Gas 517/2014, gli HFO e loro miscele giocheranno un ruolo da leader nel prossimo futuro. 

 

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